Lettera del parroco don Angelo alla comunità parrocchiale per l’inizio del nuovo anno pastorale

Ricominciare, non ripetere

Immaginare la comunità parrocchiale oggi

 Lettera per l’inizio del nuovo anno pastorale alle sorelle e ai fratelli della Madonna della Pace

 

Carissimi,

i giorni della festa della Madonna dei Martiri nella nostra città decretano inesorabilmente la fine dell’estate e ‘costringono’ ciascuno di noi al pensiero degli impegni e delle responsabilità  personali (scuola, attività lavorative, ecc..). Anche per la comunità cristiana è il tempo della programmazione, dei pensieri dallo sguardo lungo, per avviare degnamente il nuovo anno pastorale.

La nostra comunità parrocchiale, vive la ripresa di quest’anno segnata da altri due motivi che chiedono a me e a ciascuno di voi un supplemento di riflessione, di discernimento e di preghiera: innanzitutto il prossimo 3 ottobre celebriamo dieci anni di cammino insieme ed è opportuno che dopo questo tempo (tanto!) facciamo una verifica della quantità e soprattutto della qualità di strada percorsa. Inoltre a fine mese saluteremo il nostro caro don Mirco che continua il suo ministero nella comunità di Sant’Agostino in Giovinazzo e daremo il benvenuto a don Luigi e al giovane Leonardo che da i primi di ottobre in poi mi affiancheranno nella guida della nostra comunità. Il secondo motivo di riflessione è che nell’anno pastorale avvenire, insieme a tutta la Chiesa Diocesana, vivremo l’esperienza della Visita Pastorale del Vescovo, fissata, per la nostra comunità, nei giorni 4-7 giugno p.v..

Per cominciare parto da un pensiero che sinteticamente esprime quello che mi porto dentro e che sintetizzo così: ricominciare, non ripetere. Quando si deve ricominciare (in ogni ambito) il rischio è di ripetere e di ripetersi. Di considerare la storia come un eterno ritorno di cose già sentire e già fatte che non ci dicono più niente e che non suscitano in noi né sussulti, né tanto meno cambiamenti; e di concludere rassegnati e annoiati con l’autore sacro: nihil sub sole novum. (Qo 10,1) Tuttavia penso che la considerazione “niente di nuovo” del Qoelet non sia assoluta ma dipenda da un punto di vista particolare: quello del disincanto, quello della noia, quello del non lasciarsi illuminare dal “vero sole” che ci aiuta a mettere in luce, a far venire alla luce tutto il nuovo che c’è e che Egli continuamente opera (Cfr. Is 43,19; Ap 21,5).

Il punto allora non è nell’assenza del “nuovo” ma nello sguardo assente sulle “cose nuove”, nell’incapacità di accorgersi dell’azione di Dio, nell’analisi della prospettiva dalla quale osserviamo la realtà. Mi vengono in mente due brani della sacra scrittura che ci possono aiutare nella riflessione.    Quando Dio crea il cielo e la terra l’autore del libro della Genesi scrive che “Dio fece le due fonti di luce grandi (…) e le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre” (Gen 1,16.18). Sono attività consequenziali: illuminare per governare e quindi separare. Sole e luna illuminano perché sulla terra possa essere governato il giorno e la notte, e così luce e tenebre siano ben distinte. Il punto è quindi il governo dello spazio dell’esistenza al fine di distinguere luce da tenebra. Luce e tenebra sono due cose ben distinte dal primo giorno della creazione ma qui sulla terra camminando quotidianamente ci confondiamo mille volte: dobbiamo governare per non confonderci.

Il secondo testo  è invece quello del vangelo di Matteo in cui Gesù dice: “La lucerna del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!” (Mt 6,22-23) Se non distinguiamo tenebra da luce è perché la luce che abbiamo, il nostro “occhio” non funziona bene, non governa, non distingue. Sappiamo bene che l’occhio non illumina ma viene illuminato ma al tempo di Gesù era convinzione che l’occhio, come un proiettore al contrario, illuminasse l’interno del corpo. A pensarci bene anche con le nostre conoscenze scientifiche possiamo dire che è così, perché l’occhio percepisce i fotoni attraverso la retina e li comunica al nervo ottico. Poi avviene l’elaborazione del dato fornito da parte del cervello che ristabilisce l’ordine delle immagini, ricostruisce la tridimensionalità, la prospettiva, surroga  gli elementi mancanti ecc… Da questi processi comprendiamo le espressioni che usiamo quotidianamente come “punto di vista”, “ingannare lo sguardo”, “svista”, ecc.. Tutte espressioni che ci fanno concludere che esistenzialmente il senso più ingannevole è la vista. Pertanto quando ho avuto i più grandi cambiamenti nella mia vita (in positivo e in negativo) di quello che avevo attorno a me non era cambiato assolutamente niente. Era cambiato il mio sguardo sulle cose e sulla realtà.

Credo che sia opportuno e improrogabile per noi, in questo tempo di provvisorietà e di incertezza provare ad immaginare comunità che guardino in modo nuovo la storia di Dio e quella degli uomini. Comunità in cui l’interesse per il particolare e per il privato lasci spazio a quello per il bene comune nelle piccole e grandi decisioni; Comunità in cui le parole siano parole di costruzione e non di lacerazione e di giudizi perentori; Comunità dove fare spazio a tutti senza pregiudizi o selezioni di sorta. Insomma credo che al posto degli argomenti economici o culinari, quelli delle sagre o dei debiti da pagare, la nostra comunità debba provare ad immaginare se stessa in un altro modo, sicuramente più vicino al Vangelo.

Quello che vi propongo in questo anno è allora un lavoro tra racconto e immaginazione; tra consolidamento del sapere della fede e apertura alla novità di Dio che è fatta di emozioni e paure, sofferenze e pericoli, ma anche di gioia inedita e di abbandoni fiduciosi alla missione affidata alla Chiesa dal Padre; tra la scelta di parole dal sapore buono che alimentino i nostri racconti e che attingano alla Parola buona per eccellenza, e “sogni diuturni”, visioni poetiche e soprattutto profetiche che fanno della comunità cristiana una “pietra che cammina”. Perché anche la comunità della Madonna della Pace, divenga sempre di più una comunità con i piedi ben saldi sulla terra ma con lo sguardo proteso verso il cielo.

Buon anno pastorale a tutti!

 

Molfetta, 14 settembre 2019

Esaltazione della Santa Croce

Don Angelo

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