Domenica di Pasqua

 

DOMENICA  DI  PASQUA – Commento al Vangelo a cura di don Luca Murolo

 

Prima lettura:       At. 10,34°, 37-43   Testimoni della risurrezione

Seconda lettura:  Col. 3, 1-4:               Sul trono del Risorto

Vangelo:                Giov. 20, 1-9           Corrono al sepolcro

 

La fede di chi si lascia amare

Corrono tutti e due, Simon Pietro e Giovanni, dopo che Maria di Magdala ha portato una notizia che li sconvolge: il sepolcro è stato aperto, violato e il corpo di Gesù trafugato!

Corrono perché una cosa del genere li colpisce nel mezzo del loro smarrimento doloroso, del loro lutto, della loro tristezza. Stanno ancora piangendo una morte che li ha colti di sorpresa e ora devono fare i conti con questa novità difficile da decifrare.

  • Corrono perché vogliono vedere, toccare con mano quella pietra pesante che è stata rimossa mentre avrebbe dovuto sigillare per sempre quella tomba e dissuadere qualsiasi malintenzionato.
  • Corrono per  poter rendersi conto di persona di quanto è accaduto, con la fretta di chi non può attendere un minuto di più. Corrono, ma le energie sono ben diverse. E così il più giovane arriva, prima, ma aspetta il più anziano. Ed è dunque Simon Pietro che entra per primo nel sepolcro, un sepolcro inesorabilmente vuoto, in cui rimangono solo le tracce legate a quel corpo senza vita che vi era stato deposto: le bende e il sudario.
  • Solo a questo punto entra anche l’altro discepolo, “quello che Gesù amava”, ma lui “vide e credette”. Forse la radice di tutto è in quell’amore che Giovanni accoglie, senza reticenze e senza difese, senza barriere e senza impedimenti di sorta. Aprendosi a questo Amore anche l’imprevisto, l’inatteso, l’insperato acquistano un senso.. A noi, in definitiva, viene chiesto di fare come lui, di accettare quello che non può essere spiegato, di aprire il cuore  ad una speranza che domanda semplicemente di essere accolta come un dono, come una grazia.

E’ così che si viene alla fede nella risurrezione. Certo, la Scrittura condurrà a scandagliare l’avvenimento e a cogliere il suo significato. Ma anch’essa non potrà essere decisiva se non c’è questa disponibilità a lasciarsi interpellare, a sentirsi parte di una storia che ci supera e che, proprio per questo, va verso approdi di vita eterna.  Roberto Laurita

 

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