Domenica delle Palme – Ingresso di Gesù a Gerusalemme

Domenica delle Palme – Riflessione sulla Parola di Dio, a cura di don Luca Murolo.

Prima lettura: Is.50, 4-7: “Non mi sono tirato indietro”…“Ho presentato il dorso ai flagellatori”

Seconda lettura: Fil. 2, 6-11: “Cristo Gesù svuotò se stesso…umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte in croce”.

Vangelo: Luca 22, 14-23, 56:

 

Ingresso di Gesù a Gerusalemme: Davanti alla città santa, sul pendio del monte degli ulivi da cui si domina l’intera città, Gesù entra in groppa all’asino. Con questo gesto Gesù si presenta come il re di Israele e il suo regno è un regno di pace. L’asino è la cavalcatura dei poveri e degli umili del popolo, della vita quotidiana, non cavalcatura da guerra. La “folla dei discepoli”, cioè coloro che hanno seguito Gesù come “Maestro”, condizione necessaria per riconoscerlo, riconoscono in Lui il re messianico che viene in nome e con la forza del Signore. La missione di Gesù è quella di portare la “pace di Dio”, la pace che è prerogativa  divina, quella pace che sarà il dono del Risorto: “Pace a voi”.

Camminare insieme e pubblicamente in processione col segno dell’ulivo in mano significa professare la fede in Lui, dichiararsi discepoli suoi, camminare dietro a Lui sulla via dell’obbedienza a Dio, della croce, della risurrezione e portatori  della pace che viene da Dio.

 Meditando la “Passione” secondo Luca

“Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata “Pasqua”. Comincia così in Luca il racconto degli eventi finali della vita di Gesù: l’ultima cena, la preghiera nel giardino degli ulivi, il processo  davanti al Sinedrio e a Pilato, la condanna , la crocifissione e la risurrezione.

L’ultima cena. La vita dei discepoli, come la sua, doveva essere all’insegna del servizio fraterno, non del dominio: “per voi non sia così”. Il suo corpo, nel segno del pane, il suo sangue  nel segno del vino, annunciavano che nella sua morte si realizzava la nuova e definitiva alleanza nella quale Gesù era la vittima del sacrificio di alleanza: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”.

La preghiera nell’orto degli ulivi. L’espressione “pregate  per non entrare in tentazione”  apre e chiude la scena. Al centro c’è la preghiera di Gesù fatta di due espressioni: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Però non la mia  ma la tua volontà sia fatta”. Si notino due aggiunte di Luca: “Gli apparve un angelo dal cielo e lo confortava” e “ in preda all’angoscia pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano per terra”. Gesù affronta la sua ultima grande prova come dramma e lotta che egli supera nella preghiera: una preghiera difficile, lunga e coraggiosa nella notte. La presenza dell’angelo rivela la discreta presenza di Dio nel momento in cui egli ha davanti a sé la scelta di obbedire a Dio, invocato come ‘Padre’, a prezzo  del suo sangue.

Per Luca l’episodio è anche una lezione ai discepoli: come Gesù, il cristiano, tentato, deve pregare insistentemente, coraggiosamente e anche soffrire, per rimanere fedele a Dio, per non cedere.

La condanna e la crocifissione.

Nel processo Pilato dichiara Gesù innocente. Viene addirittura richiesta la liberazione di un omicida politico purchè Gesù sia condannato, senza che nessuno intervenga in sua difesa. Il racconto procede evidenziando l’abbandono di Gesù e la sua solitudine nell’ultima ora.

E’ esplicitato l’atteggiamento interiore  di Gesù sulla croce attraverso le sue parole. Per tre volte Gesù prende la parola sulla croce, due per pregare e una terza per affidarsi al Padre.

La prima preghiera di Gesù è per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro….” proprio come aveva insegnato sul perdono ai nemici e sulla carità. Gesù prende poi la parola in risposta  ad una invocazione di uno dei due crocifissi  con lui: ”Ricordati  di me quando sarai nel tuo Regno”, a cui Gesù promette ed assicura “oggi  sarai con me in paradiso”. La sua morte comincia già a portare i primi frutti e produce conversione  e salvezza. Più tipico di Luca è l’ultimo grido di Gesù: “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”. Nel momento della morte Gesù si rimette totalmente a Dio con fiducia filiale. Per bocca del centurione poi Gesù è riconosciuto “giusto”. Le folle si percuotono il petto. Nasce così il nuovo popolo di coloro che riconoscono Gesù. Così la sua morte non è più la morte di uno dei tanti condannati, ma acquista il suo vero significato di morte salvifica per gli uomini. E la risurrezione lo dirà in tutta la sua pienezza.

  

  

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