II DOMENICA DI PASQUA

ii domenica di pasqua anno c

Prima lettura: Apostoli 5,12-16

      Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico  di Salomone;  nessuno degli altri osava associarsi a  loro,  ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti. 

 È uno dei cosiddetti «sommari» degli Atti: quadretti che dipingono la comunità cristiana primitiva. È una comunità che evidentemente ha fatto esperienza della risurrezione di Cristo e lo manifesta nella concordia: tutti erano soliti stare insieme (v. 12). Una unità tra cristiani sostenuta dalla preghiera e dalla frazione del pane (2,42-46). La fede cristiana si manifesta nella carità e nella comunione gioiosa. L’attività taumaturgica di Gesù continua ora nella chiesa per mezzo degli apostoli (v. 12). Tra gli apostoli un posto particolare ha la figura di Pietro. In lui continuava in modo singolare ad essere presente la potenza di Cristo: almeno la sua ombra (v. 15) guariva. La gente si rendeva conto di una speciale presenza divina negli apostoli e li stimava, ma, forse per un sacro timore, nessuno degli altri osava associarsi a loro (v. 13).

La presenza dello Spirito del Risorto si manifestava nella serie di prodigi, che aiutavano gli umili ad accogliere la predicazione apostolica (vv. 15-16). Nella comunità cristiana primitiva, sotto la direzione di Pietro, sono presenti così i segni che chiamano alla fede: le guarigioni miracolose, prolungamento del mistero storico di Gesù, ma soprattutto il segno dell’unità dei fratelli nella fede del Cristo risorto. 

Seconda lettura: Apocalisse 1,9-11.12-13.17-19 

      Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese». Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito». 

Il brano riporta la visione di Cristo glorioso avuta da Giovanni nel giorno del Signore (v. 10), la domenica, il giorno in cui la comunità cristiana si riunisce per l’ascolto della parola e per celebrare la risurrezione. Giovanni si sente fratello e compartecipe della comunità che sta in ascolto. Anche lui come le piccole comunità cristiane soffre la persecuzione per amore di Gesù Cristo: si trova a Patmos, una isola delle Sporadi a 75 Km a sud-ovest di Efeso. Egli riceve l’incarico di scrivere un libro per le sette chiese (v. 11). Il numero sette è simbolico: indica la totalità.

Sta parlando quindi alla chiesa universale, che poi è presente nella chiesa locale, in modo particolare nell’assemblea liturgica. L’Apocalisse è un libro diretto a una comunità liturgica che lo interpreta. Richiamandosi a immagini presenti in Daniele e Ezechiele, Giovanni presenta Cristo come uno simile a un Figlio d’uomo, con le insegne del giudice escatologico. L’abito lungo fino ai piedi è simbolo della sua dignità sacerdotale, mentre la fascia d’oro esprime la sua regalità. La voce potente indica una rivelazione chiara senza ombra di dubbio. Gesù Cristo è in mezzo ai sette candelabri: egli è presente attivamente nella sua chiesa. Egli è alla destra di Dio, ma vive nella comunità cristiana. Giovanni e la sua comunità non devono temere, perché egli è il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Egli ha vinto definitivamente la morte e chi si appoggia a lui ha la vita. Nel libro che si leggerà nella comunità in ascolto si troveranno poi le cose viste, nella presente visione, quelle presenti, cioè le lettere alle sette chiese; quelle che devono accadere, le visioni sul futuro escatologico della chiesa (vv. 17-19). 

Vangelo: Giovanni 20,19-31 

         La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

   Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

 Esegesi 

Dopo l’apparizione a Maria Maddalena, avvenuta all’aperto, in un giardino, Gesù appare ai suoi discepoli, chiusi per paura in una stanza. Essi ricevono lo Spirito Santo per poter annunciare la sua parola e perdonare i peccati agli uomini. La fede crescerà dall’ascolto della parola all’interno della comunità. Con questo brano Giovanni vuole sottolineare l’importanza della testimonianza per la fede pasquale.

1) Incontro con i discepoli (20,19-23)

Avviene il primo giorno della settimana, nel giorno di Pasqua. Gesù torna ma non nel suo stato precedente: entra a porte chiuse. Si pone al centro della comunità cristiana: stette in mezzo loro (v. 1), come unico punto di riferimento. I discepoli lo possono vedere e riconoscere con lo sguardo della fede. Le conseguenze della nuova luce sono la «gioia» e la «pace», i doni messianici. Gesù dà loro l’incarico missionario: devono continuare la missione a lui affidata dal Padre: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21). Ma solo uomini nuovi sono capaci di questo compito. Gesù dona loro lo Spirito Santo: soffiò su di loro (v. 20) come soffiò all’inizio la vita nuova al primo uomo. Il dono dello Spirito era stato anticipato simbolicamente dall’acqua e dal sangue usciti dal costato di Cristo (19,34). La missione degli apostoli avrà come obiettivo la remissione dei peccati (v. 23). Il potere viene dato al gruppo dei dodici, nominati nel versetto seguente (v. 24). Viene esercitato certamente nel sacramento della penitenza secondo il concilio di Trento per i peccati commessi dopo il battesimo. Non si esclude il perdono dei peccati mediante il sacramento del battesimo e la proclamazione del vangelo.

2) Apparizione presente Tommaso (Gv 20,24-29)

I dubbi di Tommaso esprimono l’esperienza del gruppo, dell’intera comunità apostolica, e la personale esperienza di Giovanni: «Colui… che abbiamo visto con i nostri occhi… contemplato… e toccato con le nostre mani» (1Gv 1,1-2). Anche questo incontro avviene nel primo giorno della settimana, giorno del Signore (Ap 1,10). In esso la comunità proclama con i discepoli: Abbiamo visto il Signore! (v. 25). Ma Tommaso non condivide la fede della comunità. Gesù si rende visibile per lui e lo convince di non essere un fantasma: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani» (v. 25). Bastò sentire le parole di Gesù, per credere, come per Maria bastò sentirsi chiamare per nome da lui. Tommaso fa la più bella confessione di fede del quarto Vangelo. L’esperienza della risurrezione era indispensabile per la Chiesa. I futuri discepoli di Gesù avrebbero dovuto credere senza vedere, ma accettando la testimonianza degli apostoli, che invece hanno visto. Anch’essi però saranno beati. Sperimenteranno la gioia dell’incontro con il Cristo risorto.

3) Conclusione (Gv 20,30-31)

Segni non sono solo i miracoli, ma tutto quello che Gesù ha fatto e insegnato. Chi vuole conoscere altri segni si legga i vangeli sinottici. Tutti i segni dicono che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio (v. 31). I lettori vengono invitati ad accogliere la testimonianza degli apostoli senza esigere di toccare con mano per credere. Ora per i cristiani la testimonianza apostolica è scritta, contenuta nel vangelo, ma è una testimonianza di qualcuno che ha visto.

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