La misura dell’educazione secondo don Bosco

03-Don_Bosco_ragazzi    “L’educazione è cosa del cuore, diceva don Bosco, e Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi.”

Questo è la visione giusta di ogni educazione, ma soprattutto dell’educazione cristiana, di cui don Bosco diventa testimone esemplare.

Il Santo ha calato l’intervento educativo su misura delle singole persone, non omologando, non appiattendo, ma aiutando ciascuno a fare scelte personali e responsabili, e indicando la misura alta della vita cristiana. Del suo lavoro educativo ne sono testimonianza le vite di tre ragazzi del suo Oratorio.

Mi sono imbattuto alcuni mesi fa in un articolo dell’Osservatore Romano a firma di Jorge Milia in cui si riferiva del pensiero dell’allora arcivescovo di Buenos Aires, circa l’arte dell’educazione cristiana.

Il futuro Papa Francesco vi utilizzava l’icona dell’aquilone: dagli spago che scodinzola ! Un modo per dire che l’educazione deve essere autorevole, ed insieme capace di iniziare le persone a libertà e responsabilità. Da bravo ex-allievo e conoscitore di don Bosco ebbe a dire in quell’occasione: «Chi lavora con i piccoli e non prega è ben difficile che sia saggio. Una saggezza che umanamente chiamerei dell’aquilone. Saper far volare un aquilone. Chi non lo sa far volare, chi non gli sa far riprendere quota, non ci sa nemmeno fare con i piccoli … Quando vuoi far riprendere quota a un aquilone devi capire dove tira il vento, dove lo vai a lanciare. Prova e riprova ed ecco che vola, la corrente lo spinge verso l’alto, poi all’improvviso impazzisce … Dagli corda perché scodinzola … poi gli dai uno strappo e lo stabilizzi di nuovo». E ancora: «Saper far riprendere quota a un aquilone. Sapere quando allentare la corda e quando dargli una tirata per stabilizzarlo. È un lavoro paziente. Un lavoro che esige distacco. Ossia, i bambini che accompagno alla vita non sono per me, non sono figli miei, sono perché crescano e prendano il volo e poi volino da soli».

A tal punto don Bosco aveva intuito la validità della formula della santità da lui proposta ai suoi giovani che aiutava su misura delle loro possibilità a mettersi in cammino verso la meta di alte quote e li trattava come Bergoglio avrebbe voluto che si trattasse l’aquilone.

In più, aveva tracciato in altrettante biografie, pensate come esempio per altri giovani, il cammino effettuato da tre dei suoi ragazzi. In quelle biografie trasferiva le sue convinzioni pedagogiche e spiri­tuali, di un educatore cristiano in azione, “sintesi pedagogi­ca già matura, nella quale il divino e l’umano, il sopran­naturale e il naturale, dovere e gioia, con modalità diverse, raggiungono una perfezione che è carat­teristica nel sistema educativo di don Bosco” (don Braido). Egli porta i suoi ragazzi in alto in alto grazie alla potenza della Grazia della vita sacramentale, della confessione e della comunione, pilastri del suo sistema educativo.

I tre ragazzi hanno vite diverse e don Bosco personalizza il discorso educativo secondo le loro esigenze e i punti di partenza. Partono da posizioni diverse ma tutti e tre diretti allo stesso traguardo indicato dal santo educatore:  Michele Magone, ragazzo  “capobanda” di Carmagnola, Francesco Besucco, ragazzo “semplice” e ricco di bontà naturale come i ragazzi di campagna, Domenico Savio, ragazzo di animo buono  e “meraviglioso”: don Bosco rimaneva stupito al considerare quanto il Signore operava in loro.

Il discorso pedagogico integrale di don Bosco includeva l’aspetto religioso: confessione e comunione, due facce della stessa me­daglia che è la salvezza dei giovani. La sua pedagogia era per la crescita costante dei ragazzi: mai fermarsi, ma lasciarsi perdonare (“la confessione”), lasciarsi nutrire (“la comunione”) riprendendo ogni giorno energie per il cammino che resta da compiere. Al termine, questi giovani cresciuti alla scuola di don Bosco ringrazieranno per tutta l’eternità della meta raggiunta.

Ma soltanto questi tre, i giovani incamminati verso la misura alta di educazione, che è la santità?

Già Mamma Margherita, la mamma di don Bosco, diceva che all’Oratorio c’erano molti ragazzi della stoffa di Domenico Savio. L’educazione cristiana presa sul serio conduce tutti a traguardi altissimi.

Il cardinale salesiano Angelo Amato, l’incaricato delle cause dei Santi, riassume il senso di que­sta proposta di santità dalle molte sfaccettature: “La pedagogia della santità, vissuta nella gioia, è la profezia più attuale del Santo della gioventù. Oggi più che mai la Chiesa e la società hanno bisogno di santi per rendere l’umanità più gentile e ami­chevole e il mondo più accogliente e fraterno… Non si tratta di quadri di un museo da contemplare e ammirare. I santi sono persone viventi che la Provvidenza ha posto, come stelle nel cielo, per il nostro retto orientamento verso il bene, il vero, il bello. Conosciamoli e imitiamoli».

di don Antonio Gentile sdb

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