RUBRICA LITURGICA ▪ Unzione degli Infermi, il suo reale significato: la salute dell’anima

significato valore senso spiegazione unzione degli infermi estrema unzione (2)Unzione degli infermi piuttosto che Estrema unzione: è questa la denominazione da attribuire a questo Sacramento (SC, n. 73) che, per sua natura, ordinariamente, non dovrebbe avere per destinatari i moribondi, ormai incapaci di intendere e volere, ma ogni fedele che, per l’età avanzata o per malattia grave o per il dover affrontare un intervento chirurgico particolarmente delicato, senta di essere in serio pericolo di vita.

Il termine “Estrema unzione”, utilizzato fino alla riforma liturgica voluta dal Vaticano Il, va collegato alla consuetudine della Chiesa primitiva di riammettere ai sacramenti i pubblici peccatori, per una volta sola e dopo molti anni di esclusione dalla comunità, sicché la quasi totalità di essi si vedeva costretta, per paura di ritrovarsi in situazione di peccato, ad attendere il termine della vita per manifestare il proprio pentimento.

Già il Concilio di Trento, pur conservando il termine “estrema”, ne chiariva il significato collegandolo non più alla gravità della malattia, quanto al fatto che questa unzione viene praticata per ultima, in ordine tempo, rispetto alle precedenti conferite nei riti del battesimo, della Confermazione e, eventualmente, dell’Ordine Sacro. Nello stesso tempo definiva gli effetti del Sacramento e ne proclamava la divina istituzione: «Questa realtà è infatti la grazia dello Spirito Santo, la cui unzione lava i delitti, che siano ancora da espiare, toglie i residui del peccato e reca sollievo e conforto all’anima del malato, suscitando in lui una grande fiducia nella misericordia del Signore, per cui l’infermo, così risollevato, sopporta meglio i fastidi e i travagli della malattia […] resiste alle tentazioni del Demonio […] e riacquista talvolta la stessa salute del corpo, quando ciò convenga alla salute dell’anima» (Concilium Tridentinum, Sessio XIV, “de Extrema Unctione”, cap. I in “Conciliorum Oecumenica Decreta”).

Tuttavia, permaneva la convinzione e la consuetudine di amministrare questo sacramento ai moribondi. Da ciò la necessità per i Padri Conciliari del Vaticano Il di riformare la liturgia di questo sacramento e di chiarirne ogni aspetto alla luce dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché della prassi della Chiesa apostolica.

Già nell’Antico Testamento sono presenti molteplici esempi che conferiscono all’unzione il significato di trasmettere, a chi la riceve, la potenza di Dio e mettono in un rapporto di causa ed effetto il male spirituale e quello fisico. Nel Vangeli tale potere viene esercitato abitualmente da Gesù e da lui trasmesso agli Apostoli: «Egli allora chiamò a sé i dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il Regno di Dio e a guarire ali infermi” (Lc. 9, 1) e, ancora, «imporanno le mani ai malati e questi li guariranno» (Mc. 16, 17- 18).

Tale prassi di vicinanza della Chiesa apostolica nei confronti dei malati è testimoniata negli gli Atti degli Apostoli e più chiaramente nella lettera attribuita a Giacomo, il quale, scrivendo alla sua comunità di Gerusalemme, raccomanda che «chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore» e che «la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati gli saranno perdonati» (Gc.5,14).

 

Gaetano la Martire

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