Mobilità delle tende: cambio del parroco, opportunità per mettere in circolo i carismi

cambio del parroco spiegazione senso valore ecclesiale parrocchia perché pastorale«Il Servo di Dio don Tonino Bello considerava la mobilità delle tende un’opportunità per mettere in circolo i carismi di tutti e una salutare itineranza che preserva dalla tentazione di sentirsi insostituibili e stimola la coscienza della responsabilità collegiale. […] Traducendo in questa prospettiva la famosa espressione della Lettera a Diogneto, “nessuna patria è per noi e nessuna patria straniera è per noi”, dovremmo ritenere che “nessuna parrocchia è parrocchia nostra e nessuna parrocchia che non è nostra non ci appartiene”».

È un passaggio illuminante presente nella Lettera Pastorale del Vescovo Mons. Domenico Cornacchia «Vino nuovo in otri nuovi. Per una comunità che riparte» che spiega con semplicità il senso e il valore dell’avvicendamento del parroco.

Senza dubbio, ogni distacco è fonte di incertezza, di inquietudine, di vuoto perché interrompe e modifica relazioni umane stabilite nel tempo. Ma è proprio in questa condizione transitoria che la comunità parrocchiale deve maggiormente affidarsi a Gesù e abbandonarsi alla Provvidenza e alla volontà di Dio.

Un approccio meramente affettivo potrebbe indurre proprio gli operatori pastorali a cedere alla tentazione di sentirsi “delegittimati” e, in qualche caso, soprattutto se segnati da una appartenenza debole alla comunità, anche “autorizzati” a maturare l’idea di abbandonare il servizio pastorale. Una tentazione che deve essere subito scacciata. Per questo, la comunità parrocchiale deve manifestare, sin da subito, di essere non solo responsabile, ma anche corresponsabile, senza perdere il potenziale missionario “accumulato” negli anni.

Non è innegabile che il “cambio del parroco” sia un momento di trasformazione delle organizzazioni parrocchiali, che deve essere vissuto come un’esperienza di Chiesa, un evento dello Spirito e, soprattutto, un momento funzionale al miglioramento della missione della comunità.

In modi diversi, si apre per la comunità e per il suo nuovo pastore un gioco di “riposizionamenti” per definire il volto dei prossimi anni: quale pastorale per quale Chiesa? Se il tutto non viene lasciato a informazioni inevitabili ma di profilo debole, la circostanza, affrontata in modo pensoso e intelligente, può trasformarsi in un’occasione, dal punto di vista religioso e pastorale, preziosa e provvidenziale per le scelte di futuro.

La fase iniziale ha un suo valore simbolico. È un’opportunità per tutti: parroco, operatori, fedeli, gente del territorio. Fallisce, però, se si riduce a un’operazione di riequilibrio dei giochi interni e di informazioni scontate, ma che non assurgono al rango di vera conoscenza.

Guardiamo alla vicenda di Gesù: la città è il suo “campo base” e il punto di partenza che gli permette di girare nei villaggi per annunciare la Parola. Il suo ministero è capace di radicamento, ma anche di mobilità che lo rende libero da attese e pretese della gente. Ecco perché al sacerdote oggi viene chiesta spesso la capacità di cambiare e, nello stesso tempo, la “fedeltà di restare”. Sono due facce della stessa medaglia, e solo chi si lega profondamente può testimoniare la libertà di partire quando la Parola lo chiama altrove.

cambio del parroco spiegazione senso valore ecclesiale parrocchia perché pastorale Non occorre assumere l’atteggiamento contrario, in difesa dei propri affetti privati. Questo è il momento in cui anche la comunità parrocchiale deve chiedere umilmente il dono di uno spirito libero: libero di amare, libero di lasciare andar altrove la persona amata, libero di accogliere colui che si appresta a divenire il nuovo pastore. Non dimentichiamo che il nuovo pastore è anche un sacerdote che ricomincia e che comprende nel tempo come entrare con delicatezza in rapporti nuovi nella vita di una comunità che ha già una sua storia e una sua forma.

Peraltro, come indicato dal Diritto Canonico al canone 1748, la scelta di uno spostamento ha una motivazione legata all’utilità spirituale delle persone, quindi di tutta la Chiesa.

Deve essere chiaro che il nuovo presbitero non è la copia del precedente: questo non significa che sia migliore o peggiore, ma semplicemente che Dio nel suo atto creatore l’ha voluto diverso per la ricchezza di tutti. All’accoglienza, dunque, si deve aggiungere il dialogo, inizio di una ricerca comune per il bene di tutti.

Il nuovo pastore è un sacerdote che ricomincia e entra con delicatezza nella vita di una comunità che ha già una sua storia e una sua forma. È qui, in questo momento storico, che si ravviva la relazione con il Signore, che è all’origine della vocazione, e si inserisce la nuova comunità che non deve lasciare mai solo il nuovo pastore e stargli accanto.

 

Marcello la Forgia
Vicepresidente del Consiglio Pastorale Parrocchiale

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