La volta

Sul finire del XVII secolo, il Capitolo promosse la decorazione a freco della volta, affidandola a Vito Calò, valentissimo allievo di Corrado Giaquinto e Nicola Porta. Il lavoro fu compiuto alla fine del ‘700. Dopo appena una trentina di anni dall’inaugurazione della nuova Cattedrale si presentarono gravi problemi di umidità sia agli stucchi che agli affreschi, che la richiesero la totale ridipintura degli affreschi. Si provvide, nel 1846, anche a coprire il lastrico con tegole allora in uso, e tali lavori di copertura del lastrico si protrassero a lungo e furono ripetuti, in quanto col tempo l’umidità continuava a provocare i suoi danni alla chiesa.

Il molfettese Michele Romano, che già nel 1890/91 aveva decorato nel seminario vescovile sia le volte della biblioteca che la cappella, fu incaricato dal Capitolo a dipingere le volte della Cattedrale all’interno delle cornici che avevano racchiuso i dipinti di Vito Calò. Furono eseguiti prima glia affreschi sulla volta del coro, seguita da quelli del cappelloni, ed infine le tre tempere della navata centrale. Il lavoro, che comprende l’esecuzione dei quattro angeli coi simboli mariani (Speculum iustitiae, Stella matutina, Rosa misthica, Turris eburnea) ai pennacchi della cupola, si concluse nel 1898. Questi soggetti:

Folgorazione di Paolo
 folgorazione di paolo
Cristo consegna le chiavi a Pietro
 Copia di chiavi a san pietro2
Ester e Assuero
 ester e assuero
Cristo e l’adultera
cristo e l'adultera
Il profeta Geremia
il profeta Geremia
Apocalisse
 apocalisse
Giuditta
giuditta

Sulla parete sinistra della cappella, una tela datata intorno agli inizi della seconda del XVII secolo, forse di scuola napoletana, raffigurante la Presentazione di Gesù al Tempio. Insieme col dipinto collocato sulla parete di destra, raffigurante le Quattro Parti del mondo, fu donato dal barone Graziano Giovene, fratello dell’arciprete Giuseppe Maria alla confraternita, databile agli inizi del XVII secolo, di certa attribuzione al bitontino Carlo Rosa. Entrambi i dipinti sono stati restaurati, con un lavoro di dubbia qualità.
2) Cappella dei SS. Pietro e Paolo. Fu fondata il 1683 dal vescovo Giacomo Santoro, al quale fu concessa appena un giorno prima della morte dal rettore gesuita Francesco Schinosi. Evidenti sono le analogie stilistiche coll’altare e con la cappella del Crocifisso. Sull’altare, un atela raffigurante i SS. Pietro e Paolo, e più in alto un apiccola tela centinata raffigurante la Madonna col Bambino e angeli, attribuite entrambe al bitontino Nicola Gliri. Sullo stesso altare era posto il diinto del Lanari di S. Pietro e Paolo, successivamente spostato nella sala capitolare.
In basso all’altare, cono conservante le reliquie di S. Corrado, compatrono di Molfetta.
3) Cappella del Battistero.        Progettato dall’arch. Giuseppe Gimma, conserva l’originario pavimento a quattro riggiole, attraverso tre gradini da accesso al fonte battesimale, inserito tra due colonne corinzie in una edicola sormontata da un frontone ai lati del quale sono simmetricamente disposte le due figure a stucco di   S. Giovanni Battista e del profeta Isaia, eseguite da Carlo Andrea Tabacco.

Inizialmente in questa cappella, un gruppo ligneo raffigurante il busto di  S. Giuseppe con il Bambino, di recente (1999) sottoposto a restauro ed inserito in un a nicchia a sinistra. Opera di pregevole fattura del settecento napoletano di uno scultore, forse Giacomo Colombo. Le due figure sono impreziosite da aureole argentee di squisita argenteria partenopea, risalente al 1748