Nel lato del porticato, attuale corridoio di accesso all’Ufficio parrocchiale, durante i lavori del 1975 sono state rinvenute, nella parete di fondo degli archi, sette lunette dipinte a tempera e cinque medaglioni nei peducci d’imposta delle stesse volte. Le scene delle lunette, tratte dalla vita di S. Francesco e del suo Ordine, si alternano a figure di prelati con berretta nei peducci: questo genere di ritrattistica è presente anche a S. Francesco della Scarpa di Bari, mentre generalmente nei cicli decorativi monastici erano raffigurati i santi e i beati dell’Ordine. Appartenenti, certamente, ad un ciclo più ampio eseguito in tempi diversi, le poche scene sono state per anni ricoperte dallo scialbo.
Soltanto nel 2009 sono iniziati i lavori di restauro, in contemporanea con quelli alla Cappella Passari, conclusisi nel maggio 2012 ad opera dall’impresa Nori Meo- Evoli di Monopoli, su richiesta della Sovrintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Bari.
Come ha spiegato nella conferenza di presentazione la dott.ssa Meo Evoli, le lunette, presentavano due diversi livelli di dipinti: i più antichi sono quattrocenteschi, mentre gli ultimi sono firmati dal pittore Michelangelo Capotorti e datati al 1765. Entrambi gli intonaci sono costituiti da calce e paglia, materiale che se da un lato ha contribuito a renderli molto elastici e ad evitarne  il crollo,  dall’altro ha comportato diversi problemi. La paglia, infatti, contenendo tannini tende a scurirsi in fase di pulitura, ciò ha reso necessario l’utilizzo di consolidanti di superfici, in grado di isolare la paglia dalla calce e dal pigmento, per evitare, a contatto con l’acqua, la migrazione del tannino. I dipinti saranno oggetto di un restauro conservativo più che estetico che renderà comunque  visibile i due livelli.
Inoltre, sotto la firma dell’autore Capotorti, oltre la didascalia che ne illustra il contenuto, è leggibile il nome del devoto donatore, Carlo Uva, Emanuele Ribera, Nicola Effrem, Francesco Effrem, Giuseppe Bellapianta, Tattoli. Nel ciclo decorativo di S. Bernardino emerge una certa capacità disegnativa, sicura e riuscita, che distingue il Capotorti da tanti altri operatori che con monotona ripetitività decorano i chiostri francescani della regione.
Benché eseguita in tempi diversi (probabilmente dallo stesso Capotorti) la decorazione, per quel che si legge, denota una omogeneità stilistica. L’ipotesi di una esecuzione prolungata negli anni è confermata dalla scritta dell’ultimo peduccio, dove accanto ad una figura pontificale, si legge Clemente XIV, papa dal 1769 al 1774.

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