18 novembre 2018 – XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

VEDRANNO IL FIGLIO DELL’UOMO VENIRE SULLE NUBI CON GRANDE POTENZA E GLORIA

Domenica XXXIII del Tempo per lAnno B

Marco 13,24-32; Daniele 12,1-3; Salmo 15; Ebrei 10,11-14.18

di don Pino Germinario

Giotto, (particolare) Giudizio Finale, Cappella degli Scrovegni, Padova

Giotto, (particolare) Giudizio Finale, Cappella degli Scrovegni, Padova

In queste ultime domeniche dell’anno liturgico la chiesa ci chiama a meditare sulle realtà ultime, sul compimento dell’opera di salvezza di Dio che si realizza in Cristo Gesù. La “visione” degli eventi si apre progressivamente ad un orizzonte sempre più lungo e ampio. L’oggetto dell’annunzio non è né il come né il quando che non conosciamo, ma è sul fatto che con la morte e risurrezione di Cristo la realtà degli uomini e del mondo cambia e si “compie”, si realizza, si matura il fine del progetto di salvezza di Dio. Il linguaggio “apocalittico” che viene utilizzato non è assolutamente una descrizione delle modalità di tale compimento. È un linguaggio simbolico che vuole indicare un profondo cambiamento della realtà così come oggi la conosciamo. L’onda del compimento ha la sua origine nella morte e risurrezione di Gesù che è il primo oggetto di questo annuncio. Poi si annunzia la fine di Gerusalemme e del Tempio, sostituiti dalla nuova Gerusalemme che è il regno di Dio e dal nuovo Tempio che è il Cristo morto e risorto. E infine si annunzia il compimento della storia e del mondo con il ritorno finale di Cristo.

7In lui, mediante il suo sangue,
abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe,
secondo la ricchezza della sua grazia.
8Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
9facendoci conoscere il mistero della sua volontà,
secondo la benevolenza che in lui si era proposto
10per il governo della pienezza dei tempi:
ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra. (Ef 1)

Questo annunzio di compimento non è, per il cristiano, che ha posto nel Signore la sua fede, la sua speranza e il suo amore, motivo di timore o di angoscia, anzi è motivo di sollievo e di liberazione.

28Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». (Lc 21)

L’invito che ci viene fatto è quello di “vegliare” cioè una attesa attiva e operosa nel bene.

 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! (Lc 12)

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