5 febbraio 2017 – Quinta Domenica del Tempo Ordinario

Risplenda la vostra luce davanti agli uomini,

 perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli

V Domenica Tempo Ordinario, Anno A

Mt 5,13-16;  Is 58,7-10;  Sal 111;  1 Cor 2,1-5

di don Pino Germinario

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Gerrit van Honthorost, Il Bambino Gesù nella bottega di San Giuseppe, 1620, Hermitage, San Pietroburgo

Con le beatitudini Gesù ha aperto alla speranza il cuore dei suoi discepoli rivelando loro la grande opera di salvezza che il Signore vuole compiere e sta compiendo in ciascuno di loro.

Aveva detto:

sarà vostro il regno dei cieli.
sarete consolati.
avrete in eredità la terra.
sarete saziati.
troverete misericordia.
vedrete Dio.
sarete chiamati figli di Dio.
grande è la vostra ricompensa nei cieli.

E ora prosegue dicendo ai discepoli che sono chiamati a un compito grande e impegnativo: essere il “sale” della terra e la “luce” del mondo.

Questo “sale” che dà sapienza e sapore alla vita degli uomini e conserva i valori essenziali mentre tutto cambia e passa, è un dono di Dio: è il suo amore, la sua grazia e il suo Spirito che rende “sapienti” i discepoli.

Se i discepoli si allontanassero da Dio sarebbero come un “sale insipido” che non servirebbe più a nulla!

La “luce” con cui i discepoli sono chiamati ad illuminare il mondo è la luce di Cristo: è Lui la luce vera che illumina ogni uomo e senza di lui i discepoli sarebbero inghiottiti dal buio del male e del peccato.

Il sale e la luce sono fatti non per sé stessi ma per dare sapore e illuminare le altre cose e in un certo senso “disperdersi” in esse.

Così i discepoli non sono chiamati ad essere protagonisti del mondo, ma a collaborare con il Signore per cambiare il mondo dal di dentro.

Dalla prima lettura di Isaia impariamo come possiamo svolgere concretamente questo compito di dare “sapienza” e “luce” al mondo.

Con l’aiuto di Dio dobbiamo allontanare da noi ogni ingiustizia:

Toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio

E usare verso gli altri la stessa misericordia che il Signore usa verso di noi:

dividere il pane con l’affamato,
introdurre in casa i miseri, senza tetto,
vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti
aprire il tuo cuore all’affamato,
saziare l’afflitto di cuore 

Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.

 Quello che avremo fatto agli altri in nome di Dio e per amore del suo Nome, ci farà essere in perfetta comunione con Lui:

21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
23Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.  (Gv 14)

 Nella nostra vita noi siamo chiamati a far risplendere il Signore e non noi stessi.

Così San Paolo che si era presentato ai Corinti ritenendo di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza.

 Così siamo chiamati ad essere sempre più simili al “giusto” di cui parla il salmo responsoriale:

 Il giusto risplende come luce.

Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia.

Egli non vacillerà in eterno:
eterno sarà il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrà da temere,
saldo è il suo cuore, confida nel Signore.

Sicuro è il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte s’innalza nella gloria.

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