18 settembre 2016 – Domenica XXV del Tempo Ordinario C

DOMENICA XXV del Tempo Ordinario C

Usiamo con saggezza e magnanimità i beni della terra
nella continua ricerca dei beni del cielo

Lc 16,1-13; Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm 2,1-8

di don Pino Germinario

Quentin Matsys, Il convertitore di valuta e sua moglie (denaro e bellezza), 1514, Museo del Louvre, Parigi

Quentin Matsys, Il convertitore di valuta e sua moglie (denaro e bellezza), 1514, Museo del Louvre, Parigi

Luca torna spesso nella sua opera sui temi dell’economia e in particolare sull’atteggiamento che il cristiano deve avere verso la ricchezza e la povertà.

Nel testo del vangelo di oggi troviamo due espressioni che vengono normalmente tradotte con “l’amministratore disonesto” e “la ricchezza disonesta”, ma nel testo greco si legge “l’amministratore di ingiustizia” e “la ricchezza di ingiustizia”.

Sembra quindi che nella parabola l’ingiustizia si trovi non nell’amministratore ma nel sistema che egli deve amministrare e che la ricchezza non risulti ingiusta in sé, ma che può essere frutto di ingiustizia.

La parabola è provocatoria per l’economia di ogni epoca.
L’amministratore viene accusato di “sperperare” i beni del padrone.
Lo “sperpero” derivava dal fatto che l’amministratore faceva degli sconti ai contadini sui beni dovuti al padrone.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

Questa operazione, di per sé illegale, poteva però derivare dalla constatazione dell’amministratore che le condizioni imposte ai contadini erano così onerose da rendere la loro vita insostenibile e che d’altra parte la minore entrata del padrone non avrebbe inciso sostanzialmente sulla sua condizione di ricchezza.
Vi è qui un uso della ricchezza che va oltre il piano strettamente legale per mitigare una situazione di ingiustizia, anche sopportandone le conseguenze.
Non si tratta di abolire la proprietà né di abolire ogni differenza di situazioni, ma di riparare a condizioni di grave ingiustizia.
I tre insegnamenti di Gesù li troviamo alla fine della  parabola:

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza di ingiustizia, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Usate con saggezza e magnanimità la ricchezza che avete ora perchè possiate ottenere il riconoscimento delle vostre opere buone nella vita eterna. Le persone che avrete aiutato testimonieranno per voi davanti a Dio.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera?

Se non sei fedele a Dio e alla Sua Parola, se non sei giusto nella gestione dei beni terreni, come puoi pensare che Dio ti affidi i beni eterni?

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

Uno solo è il nostro Dio. Non avremo altro dio né nelle persone né nelle cose. La ricchezza ha un valore, ma non può essere per il cristiano il valore supremo: non può prendere il posto di Dio.

Per questo, come prima lettura, viene presentato il brano del profeta Amos che si scaglia contro chi pur rispettando formalmente il sabato e le altre feste religiose, froda i poveri e gli umili:

“Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo l’efa e aumentando il siclo e usando bilance false?”

Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«
Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

Il Signore ci invita ad essere saggi: se vogliamo per noi la giustizia, la misericordia e la salvezza di Dio dobbiamo agire allo stesso modo verso gli altri e in particolare verso i più poveri.

Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio. (Lc 6,38)

I tre aggettivi riferiti alla misura indicano la sovrabbondanza della misericordia di Dio, ma essa sarà basata sulla misura con la quale noi “misuriamo” gli altri.

O Padre, che ci chiami ad amarti e servirti
come unico Signore,
abbi pietà della nostra condizione umana;
salvaci dalla cupidigia delle ricchezze,
fa’ che osservando i tuoi comandamenti
meritiamo di entrare nella vita eterna.

Potrebbero interessarti anche...